Pillole di scienza della nutrizione: approfondimento sui grassi

 

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I lipidi, più comunemente detti grassi, sono dei composti organici che, a differenza delle proteine e dei carboidrati, non sono solubili in acqua (per questo motivo sono detti idrofobici).

Al pari dei carboidrati, anche i grassi sono costituiti da atomi di carbonio, idrogeno e ossigeno, ma a differenza di essi, i lipidi sono caratterizzati da una maggiore quantità di atomi di idrogeno.

Ciò fa sì che l’ossidazione di un grammo di grasso sviluppi 9 kcal, vale a dire più del doppio dell’energia prodotta, a parità di quantità, dai carboidrati e dalle proteine.

Il rovescio della medaglia consiste in un minor rendimento energetico, a parità di ossigeno consumato, rispetto a quello dei carboidrati.

Per questi motivi il corpo umano utilizza i lipidi come un mezzo per stoccare l’energia sotto forma di tessuto adiposo e come substrato energetico per coprire la maggior parte del fabbisogno calorico richiesto dall’organismo nel corso di attività fisiche a medio-bassa intensità (si pensi al riposo notturno e ad uno sport di fondo), incrementando l’utilizzo di glucosio e glicogeno, via via che l’impegno richiesto dalla prestazione fisica diviene più gravoso.

Si consideri che, a parità di massa, il tessuto adiposo è più concentrato rispetto al glicogeno muscolare, in quanto più povero di acqua rispetto a quest’ultimo; tuttavia, i depositi di grasso corporeo hanno una densità inferiore rispetto ai muscoli e quindi, a parità di peso, il tessuto adiposo risulta decisamente più voluminoso rispetto a quello muscolare.

È questo il motivo per cui, paradossalmente, da un punto di vista estetico, un soggetto può diventare effettivamente più magro, pur aumentando il proprio peso corporeo, a condizione che egli diminuisca, della giusta misura, la sua percentuale di grasso corporeo ed incrementi, al contempo, la massa muscolare!

Confronto visivo, effettuato a parità di peso, tra le dimensioni di una porzione di tessuto adiposo (in alto) e di tessuto muscolare (in basso).


Oltre alle già citate funzioni di fornitura e stoccaggio di energia, i grassi intervengono in numerosi processi per il mantenimento della condizione di salute ed il corretto funzionamento dell’organismo.

Essi, ad esempio, sono dei componenti fondamentali delle membrane cellulari; sotto forma di depositi interni di adipe, sostengono gli organi, proteggendoli da traumi di tipo meccanico; svolgono funzioni metaboliche, di isolamento termico ed antiossidanti, regolando, in particolare, la produzione ormonale; supportano il sistema immunitario; conferiscono elasticità e morbidezza alla pelle... e così via.

Da un punto di vista nutritivo, gli alimenti ricchi di grassi rappresentano una fonte estremamente concentrata di energia; apportano all’organismo gli acidi grassi essenziali, che devono necessariamente essere introdotti con la dieta; veicolano le vitamine liposolubili; rendono le pietanze più appetibili; pur essendo poco sazianti nell’immediato, ritardano l’insorgenza della fame, intervenendo nei meccanismi di sazietà a lungo termine (ciò accade sostanzialmente perché il loro processo di digestione richiede molto tempo).

Le centinaia di tipologie di grassi possono essere classificate in base alla loro struttura molecolare, definendo così tre gruppi:

i lipidi semplici, costituisti esclusivamente da molecole lipidiche; quelli composti, ottenuti dall’unione di una parte lipidica e di una non lipidica (acido fosforico, glucidi, proteine... eccetera); e quelli derivati, ottenuti dalla trasformazione di lipidi semplici e composti.

I lipidi semplici sono i più abbondanti sia nell’organismo, in cui rappresentano circa il 90-95% del totale dei grassi, che nella dieta, essendo mediamente ingeriti in questa forma circa il 98% dei lipidi presenti negli alimenti.

I trigliceridi sono i lipidi semplici più noti ed importanti per il funzionamento dell’organismo.

I lipidi composti, invece, contribuiscono al totale dei grassi presenti dell’organismo con una quota compresa tra il 5% ed il 10%; di essi i più noti sono i fosfolipidi, i glicolipidi e le lipoproteine.

Il lipide derivato più noto è il colesterolo, ma appartengono a questa categoria anche la vitamina D, gli ormoni steroidei e alcuni acidi, come ad esempio quello palmitico, l’oleico ed il linoleico.

In particolare, i trigliceridi sono costituiti dall’unione di una molecola di glicerolo con tre acidi grassi, a loro volta formati da catene idrocarboniose che vanno da un minimo di 4 ad un massimo di 20 atomi di carbonio.

In base alla loro struttura, gli acidi grassi possono appartenere ad una delle seguenti categorie:

1) acidi grassi saturi, sono quelli che hanno il maggior numero di atomi di idrogeno e sono principalmente contenuti nei prodotti di origine animale (carni grasse, uova, latte, formaggi, burro, lardo e strutto), nei prodotti da forno industriali (brioches, croissant, snack, insaccati, wurstel) ed anche in alcuni alimenti di origine vegetale (olio di cocco e di palma, margarina);

2) acidi grassi insaturi, caratterizzati da uno (mono) o più (poli) doppi legami tra gli atomi di carbonio e di idrogeno che definiscono, a loro volta, due importanti sottocategorie, vale a dire:

2a) acidi grassi monoinsaturi, di cui l’acido oleico è il più diffuso ed abbondante ed è presente, in grande quantità, nell’olio extravergine di oliva ed, in minor misura, nella frutta secca;

2b) acidi grassi polinsaturi, tipicamente contenuti nel pesce, nelle noci e nell’olio di girasole;

3) acidi grassi essenziali (AGE), i quali, pur essendo indispensabili per il corretto funzionamento dell’organismo, non possono essere sintetizzati da quest’ultimo a partire da altri nutrienti e per questo devono essere tassativamente introdotti con la dieta;

si tratta principalmente di due acidi grassi, vale a dire l’acido linoleico (AL o LA), capostipite degli acidi grassi della serie omega 6, e l’acido alfa linolenico (AaL o ALA), capostipite della serie omega 3, a cui, in caso di carenza di acido linoleico o per il verificarsi dell’incapacità di convertire quest’ultimo a livello metabolico, può aggiungersi anche l’acido arachidonico in qualità di grasso condizionatamente essenziale.

Gli alimenti più ricchi di omega 6 sono, tipicamente, grassi ed oli vegetali, come ad esempio i semi di girasole, il germe di grano, il sesamo, le noci, le arachidi, le mandorle, i semi di soia, il mais, l’olio di girasole e di semi di lino, le olive e l’olio extravergine di oliva;

quelli più ricchi di omega 3 sono l’olio di fegato di merluzzo (l’alimento più ricco in assoluto di queste sostanze), la sardina, lo sgombro, il tonno, le aringhe, il merluzzo, il salmone, uova di salmone e di storione ed anche i semi di chia, lino, mirtillo rosso, camelina, canapa, noce e soia.

4) acidi grassi idrogenati, si tratta di grassi allo stato liquido (a temperatura ambiente) solidificati attraverso un processo chimico detto idrogenazione che ne altera la struttura chimica rendendoli particolarmente dannosi per la salute.

La margarina è un classico esempio di questo genere di grassi che sono tipicamente contenuti in molti prodotti alimentari industriali.

In modo analogo a quanto accade con il glicogeno ed il glucosio, il corpo utilizza i trigliceridi per immagazzinare gli acidi grassi all’interno di specifiche cellule del tessuto adiposo dette adipociti.

In caso di necessità, l’organismo procede a prelevare i trigliceridi scindendo i legami tra glicerolo ed acidi grassi che li costituiscono, al fine di utilizzare il glicerolo per produrre glucosio e gli acidi grassi come substrato energetico per i processi ossidativi richiesti dai tessuti muscolari.

Nonostante abbia una cattiva fama, il colesterolo interviene in una molteplicità di funzioni di fondamentale importanza per l’organismo:

In particolare, questo lipide è il precursore della vitamina D, dei sali biliari e degli ormoni steroidei, sia maschili che femminili (testosterone, progesterone, estradiolo e cortisolo), oltre ad essere un componente strutturale della membrana cellulare deputato alla regolazione della fluidità e della permeabilità di quest’ultima.

Il colesterolo è veicolato attraverso il sangue da due lipoproteine: le LDL (dall’inglese “low density lipoprotein”, lipoproteine a bassa densità) e HDL (dall’inglese “high density lipoprotein”, lipoproteine ad alta densità).

Le prime trasportano il colesterolo dal fegato alle pareti delle arterie contribuendo alla formazione di placche; le seconde svolgono la funzione inversa veicolando il colesterolo dalle arterie al fegato, dove quest’ultimo verrà trasformato, in parte, in sali biliari.

Non a caso il colesterolo LDL è anche detto colesterolo “cattivo”, mentre quello associato alle lipoproteine HDL è detto colesterolo “buono”.

In realtà sia le funzioni svolte dalle lipoproteine ad alta densità che da quelle a bassa densità sono utili e benefiche per l’organismo, a condizione che i livelli di colesterolo nel sangue non superino una certa soglia e non si verifichino degli squilibri in cui la quota di colesterolo “cattivo” prende il sopravvento su quella del colesterolo “buono”.

La quantità di colesterolo presente nel sangue, misurata prelevando un campione ematico in condizione di digiuno ed espressa in milligrammi di colesterolo per decilitro di sangue (mg/dl), è detta colesterolemia.

Una condizione di ipercolesterolemia, caratterizzata da un’eccessiva presenza di colesterolo nel sangue e/o da uno sbilanciamento rispetto alla quota di colesterolo LDL, è considerata uno dei principali fattori di rischio per l’insorgenza di malattie cardiovascolari.

Per questo motivo, sulla base delle attuali conoscenze scientifiche, si ritiene che il livello di colesterolo totale non debba eccedere i 200 mg/dl e che il rapporto tra il colesterolo totale e l’HDL debba mantenersi al di sotto di 5 nell'uomo e di 4,5 nella donna (alcuni suggeriscono valori ancora più conservativi).

Un’altra distinzione che va fatta è quella tra colesterolo endogeno ed esogeno; il primo termine si riferisce alla quota di colesterolo sintetizzata autonomamente dall'organismo, mentre il secondo sta ad indicare la quota assunta attraverso l’alimentazione.

Nonostante la quota di colesterolo endogeno determini per il 70% la colesterolemia, una dieta corretta, in particolar modo se associata all’attività fisica, può contribuire sensibilmente sia al corretto bilanciamento tra il colesterolo “buono” e quello “cattivo”, che alla diminuzione dei livelli complessivi di colesterolo presenti nel sangue, qualora quest’ultimi fossero eccessivi.

Per elaborare una dieta che risulti al tempo stesso sana e funzionale alla pratica del culturismo bisogna guardare sia alla quantità che alla qualità dei grassi introdotti attraverso il cibo.

In relazione alla quantità, per prima cosa è bene precisare che non si dovrebbero mai assumere meno di 30-35 grammi al giorno di grassi, nel caso degli uomini, o di 40-60 grammi al giorno, nel caso delle donne, o, più precisamente, in un soggetto normopeso, non meno di 0,5 grammi per kg di peso corporeo per l’uomo e di 0,8 grammi per kg di peso corporeo per la donna, perché altrimenti il corpo non riuscirebbe a svolgere delle funzioni fondamentali per mantenersi in vita.

Detto ciò, per quanto riguarda il quantitativo “ottimale” di grassi da assumere, vale un discorso analogo a quello già fatto per i carboidrati: entro certi limiti, questo parametro è soggettivo e deve essere individuato dall’atleta effettuando delle prove, regolandosi, di volta in volta, in base alle proprie sensazioni.

In linea di principio, la quota energetica apportata dai grassi può oscillare tra il 15% e il 40% del fabbisogno calorico quotidiano.

Una volta che sono stati definiti il quantitativo di kcal giornaliere che si intende introdurre (supponiamo 2000 kcal) e la quota proteica da apportare all’organismo (supponiamo 100 grammi al dì), per definire con precisione il quantitativo di grassi da assumere, si può procedere in due modi:

metodo 1) fissare la quota di carboidrati che si intende assumere per poi ricavare, per sottrazione, il quantitativo di grassi, ricordando che ogni grammo di questo nutriente apporta all’incirca 9 kcal e avendo cura di controllare che il valore così ottenuto non sia né al disotto, né al disopra, rispetto ai quantitativi minimi, e massimi, sanciti per salvaguardare la salute.

Ad esempio, con i precedenti valori, ovvero 2000 kcal di energia apportati con la dieta e una quota proteica di 100 grammi di proteine al dì (corrispondenti a 100 x 4 = 400 kcal), assumendo di voler introdurre 320 grammi di carboidrati al giorno (corrispondenti a 320 x 4 = 1280 kcal), con la seguente formula:

[energia totale] - [energia apportata dalle proteine] - [energia apportata dai carboidrati] = [energia apportata dai grassi]

si ottiene: 2000 kcal – 400 kcal – 1280 kcal = 320 kcal

da cui, dividendo per 9 kcal, si ricava un quantitativo di grassi pari a circa 320 / 9 = 35,5 grammi al dì, che rappresenta, in termini percentuali il 320 / 2000 x 100 = 16 % del fabbisogno energetico giornaliero.

Si noti che questo valore, pur essendo molto estremo, può risultare accettabile per un uomo molto attivo con un metabolismo efficiente rispetto ai carboidrati, ma non lo è affatto per una donna, perché il quantitativo di grassi apportati è troppo basso per assicurare il mantenimento dello stato di salute generale.

Per riadattare la precedente dieta in modo tale da soddisfare le esigenze femminili, si deve necessariamente andare a modificare il bilanciamento dei macronutrienti, diminuendo in modo opportuno i carboidrati ed aumentando l’apporto dei grassi;

ad esempio, si può decidere di introdurre 280 grammi di carboidrati al giorno (corrispondenti a 280 x 4 = 1120 kcal), ottenendo:

2000 kcal – 400 kcal – 1120 kcal = 480 kcal

da cui, dividendo per 9 kcal, si ricava un quantitativo di grassi pari a circa 480 / 9 = 53,3 grammi al dì, che rappresenta, in termini percentuali il 480 / 2000 x 100 = 24 % del fabbisogno energetico giornaliero.

In tal caso, il valore così ottenuto è adatto sia per le esigenze del genere femminile che per quelle maschili.

metodo 2) fissare per prima cosa la quota di grassi che si intende assumere per poi ricavare per sottrazione il quantitativo di carboidrati, ricordando che ogni grammo di questo nutriente apporta all’incirca 4 kcal e avendo cura di controllare che il valore così ottenuto non sia al disotto, o al disopra, dei quantitativi minimi, e massimi, richiesti per salvaguardare la salute (tra il 45% ed il 60% del fabbisogno energetico totale giornaliero).

Ad esempio, con i precedenti valori, ovvero 2000 kcal di energia apportati con la dieta e una quota proteica di 100 grammi di proteine al dì (corrispondenti a 100 x 4 = 400 kcal), assumendo di voler introdurre 60 grammi di grassi al giorno (corrispondenti a 60 x 9 = 540 kcal), con la seguente formula:

[energia totale] - [energia apportata dalle proteine] - [energia apportata dai grassi] = [energia apportata dai carboidrati]

si ottiene: 2000 kcal – 400 kcal – 540 kcal = 1060 kcal

da cui, dividendo per 4 kcal, si ricava un quantitativo di carboidrati pari a circa 1060 / 4 = 265 grammi al dì, che rappresenta, in termini percentuali il 1060 / 2000 x 100 = 53 % del fabbisogno energetico giornaliero.

In questo caso il valore risulta accettabile, ai fini del mantenimento dello stato di salute, ed il rapporto tra i macronutrienti risulta adatto sia per gli uomini che per le donne.

Nel caso in cui, effettuando i precedenti calcoli, si ottenesse una quota percentuale apportata attraverso i carboidrati inferiore al 45%, si dovrebbe ricalibrare la dieta diminuendo il quantitativo dei grassi; se invece tale parametro risultasse superiore al 60% si dovrebbero eseguire nuovamente i calcoli aumentando il quantitativo di grassi, fino a quando non si ottengono dei valori contenuti entri gli estremi che assicurano lo stato di salute.

Per quanto riguarda la qualità dei grassi da assumere, si possono fornire le seguenti indicazioni di massima:

1) evitare di assumere grassi idrogenati;

2) mantenere la quota di grassi saturi al disotto del 10% dell’apporto giornaliero totale, ovvero ogni 100 grammi di grassi assunti con l’alimentazione quelli saturi devono essere presenti in misura minore a 10 grammi;

3) privilegiare alimenti ricchi di acidi grassi insaturi;

4) prestare attenzione al corretto bilanciamento tra l’assunzione di acidi grassi omega 3 ed omega 6, i quali dovrebbero essere introdotti nell’organismo in ragione di 1 grammo, o più, di omega 3 ogni 4 grammi di omega 6 (si consideri che, di norma, la dieta occidentale è fortemente sbilanciata rispetto all’assunzione di omega 6);

5) utilizzare sempre alimenti biologici, in quanto molte sostanze tossiche utilizzate nell’agricoltura e nell’allevamento sono liposolubili e quindi tendono ad accumularsi proprio nei grassi.

I grassi possono essere assunti in ogni pasto della giornata, fatta eccezione per il cosiddetto pre-nanna, vale a dire il pasto (facoltativo) che alcuni atleti fanno dopo cena, qualche minuto prima di andare a dormire.

I momenti migliori per assumere grassi in quantità maggiore sono al mattino, in modo particolare nel primo pasto della giornata, e nel pasto principale successivo all’allenamento; una giusta dose di grassi sani deve essere presente sia a pranzo che a cena.

Concludiamo questo capitolo sfatando un altro luogo comune: non è vero che i grassi vanno limitati perché fanno ingrassare, a condizione che se ne assuma la giusta quantità!

Ciò che fa ingrassare è un apporto eccessivo di energia rispetto al proprio reale fabbisogno, a prescindere da quale siano le fonti che causano questo surplus energetico che, per forza di cose, se protratto nel tempo, andrà ad accumularsi sotto forma di depositi di grasso! 

Mirco Mariucci

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Disclaimer

L’allenamento con i sovraccarichi può essere estremamente dannoso per il vostro corpo. Un’alimentazione scorretta può compromettere irrimediabilmente la vostra salute. L’utilizzo inappropriato degli integratori può causare delle patologie molto gravi al vostro organismo.

Prima di mettere in pratica qualsiasi metodologia di allenamento, alimentazione ed integrazione, consultate sempre il vostro medico di fiducia, fatevi seguire in presenza da un personal trainer esperto ed affidatevi ad un nutrizionista qualificato.

Per questi motivi, l’Autore declina ogni genere di responsabilità legata all’utilizzo delle informazioni contenute all’interno di questo blog. 

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